Land Art al Furlo – Casa degli artisti

News | 07/08/2022 22:08 | redazione

Da un punto di vista architettonico, oltre alla consolare Flaminia, a rendere indimenticabile la Gola è la famosa diga del Furlo realizzata in calcestruzzo nel 1920 ma poi inaugurata nel 1922. La diga stessa, per la sua imponente bellezza, può essere considerata un’opera di Land Art, (molto prima quindi del “profilo del Duce” che ancora si scorge sul Pietralata e che alcuni hanno voluto definire come opera di arte ambientale). Lo sbarramento del fiume Candigliano è stato l’intervento antropico che maggiormente ha modificato la Gola e tutto il paesaggio intorno, molto più di tutti gli interventi eseguiti per la costruzione della strada. In passato, per migliaia o meglio, milioni di anni, lo scenario naturale era profondamente diverso ed estremamente stabile. Fino allo sbarramento della diga, il fiume aveva un percorso impetuoso, scorreva lungo un alveo stretto, confinato dalle pareti rocciose, e nel punto in cui oggi è posizionata la diga, c’era una cascata dell’altezza di circa 10 metri, che ancora qualche anno fa, alcuni anziani ricordavano quasi con nostalgia. La parte alta della Gola invece aveva un alveo più largo, con scarsi depositi alluvionali, (cioè sedimenti di fango, ghiaia, ecc..) ma che in seguito alla costruzione della diga ed alla creazione del bacino, che qui tutti chiamano “Lago”, ha prodotto dei cambiamenti geomorfologici notevoli, come un sovralluvionamento della valle che si estende per circa tre chilometri verso Acqualagna. Tornando alla diga, (l’Italia vanta un primato europeo per la quantità di dighe quasi tutte realizzate nella prima metà del Novecento), fu costruita tra il 1919 e il 1920 dall’UNES, una società privata, per produrre energia idroelettrica, fu poi acquisita, con la nazionalizzazione dell’ENEL nel 1962. All’epoca, alimentava una centrale idroelettrica collocata a valle della diga, ai piedi del Monte Paganuccio, oggi non più visibile perché è stata spostata a Calmazzo. La diga, costruita su roccia viva per un’altezza di 52 metri, è della tipologia chiamata ad arco-gravità, come altre sulle Dolomiti. Ha la forma di un arco concavo che distribuisce la maggior parte del carico d’acqua verso le pareti laterali formate dal Calcare Massiccio, (una roccia carbonatica non stratificata e non fratturata e quindi molto resistente e non soggetta a frane o crolli). Come tutte le dighe a gravità ha uno spessore notevole: alla base è larga ben 16 metri mentre la corona sommitale, (dove è possibile accedere chiedendo il permesso al personale di sorveglianza), ha una larghezza di 3 metri. Lo sbarramento, come si diceva, ha prodotto un aumento del livello del fiume Candigliano per una lunghezza di circa 3 km e la creazione del lago artificiale, ha cambiato completamente la morfologia della valle creando un microclima che a sua volta ha favorito anche una fitta vegetazione prima quasi assente. Per rendersene conto, basta guardare le immagini della zona a cavallo tra Ottocento e Novecento ed osservare le grandi mutazioni del paesaggio. Qui pubblichiamo alcune foto (grazie all’archivista Giovanni Salvietti dell’Enel di Napoli) che illustrano alcuni momenti della costruzione dell’invaso, possono dare solo una vaga idea del colossale impegno fisico, quasi titanico, di questo intervento. Ancora qualche anno fa, al Furlo se ne parlava come un lavoro che aveva modificato per sempre la vita degli addetti alla costruzione. Oltre alla diga e alla centrale, gli operai si occuparono anche di realizzare due abitazioni, una più piccola per l’Ingegnere e la sua famiglia, e una grande casa per gli operai “elettrici”, ci abitarono sei famiglie, di generazione in generazione dal 1919 fino ai primi degli anni Novanta. La curiosità architettonica più ragguardevole era ed è composta da sette piccole torri colombaie, sorta di “dispensa”, con polli e piccioni. Un edilizia civile che sorse nel vasto pianoro ai piedi del Monte Paganuccio, in località Sant’Anna del Furlo, tutt’oggi intatto come cento anni fa. Un vero e proprio Villaggio operaio, autonomo, forse il primo della Regione Marche.

La geomorfologia della Gola del Furlo prima della costruzione della diga avvenuta nel 1920 era caratterizzata
da una stretta valle con l’alveo del Candigliano che scorreva in roccia, con scarsi ed effimeri
depositi alluvionali. Nella immagine, una cartolina del 1870, è visibile la parte dove in seguito alla costruzione
della diga si creerà l’invaso con l’innalzamento del livello del fiume che si ripercuote per circa
tre chilometri verso monte. In basso la Gola del Furlo come appare oggi, con le pareti della gola molto
più vegetate rispetto alla fine dell’800.

 

News | 07/08/2022 22:08 | redazione


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